Celebrazione giubilare per il IX centenario della consacrazione della Chiesa di San Menna per le mani del Papa Pasquale II A.D. 1110-2010
“Uomo venerabile”, come lo definisse S.Gregorio Magno (590 – 604), vissuto nel VI secolo nel Sannio Beneventano, al tempo della conquista longobarda.
In quel tempo le chiese subirono soprusi e persecuzioni, e molti cristiani furono fatti schiavi o costretti a fuggire.Il nostro Santo preferì rifugiarsi sul monte, in solitudine, dedicandosi alla preghiera e alla penitenza.
Questo stile di vita attirò molti devoti e fece presa anche sui barbari, tanto che alcuni di questi si convertirono al Vangelo.
Fatto segno di unanime venerazione, Menna morì nel suo romitorio alle falde del monte Taburno presso Vitulano (Bn) verso il 583 d.C. Il luogo divenne presto meta di culto e di pellegrinaggio.
Fu fatta costruire, come cappella del castello, dal conte Roberto il normanno, figlio di Rainulfo, tra il 1102 e il 1107, e fu dedicata all’apostolo Pietro, come ricordano i versi scolpiti sul portale della Chiesa:
CRIMINA DIMITTAT – QUI LIMINIS ALTA SUBINTRAT
TEMPLUM SI POSCAT – SUB PETRO PRINCIPE NOSCAT
QUOD CUM FUNDASTI – ROTBERTE COMES DECORASTI
Il 4 settembre 1110 papa Pasquale II, durante un viaggio apostolico inteso a stipulare patti di alleanza coi principi normanni, fu ospite del conte Roberto e consacrò la chiesa “in onore del Signore Salvatore e della Santa Vergine Maria e della Santa Croce e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo e di San Menna Confessore”, come si evince dalla lapide ancora oggi murata all’ingresso.
Leone Marsicano, cronista dell’abbazia di Montecassino, per incarico del conte Roberto see, ha raccontato la storia del ritrovamento del corpo di San Menna e la sua traslazione a Sant’Agata.
Nel 1094 lo stesso conte, volendo dotare di reliquie insigni la cattedrale di Caiazzo, dietro suggerimento di Madelmo, abate di Santa Sofia in Benevento, e di Guiso, abate di San Lupo, si recò in una chiesetta semidistrutta nei pressi di Vitulano ove, dopo numerose difficoltà, rinvenne il corpo intatto di San Menna e lo fece trasportare nella suddetta cattedrale.
Dopo qualche tempo Roberto, per contrasti insorti col vescovo caiatino, decise di trasferire le sacre reliquie nella sua cappella comitale di Sant’Agata. Furono collocate in un’urna, ove fu inserita una lapide con la seguente scritta:
HIC REQUIESCIT
CORPUS BEATI
MENNE CONFESSORIS
Nell’urna furono deposte, separate dalle prime, anche altre reliquie, in particolare quelle di San Brizio, vescovo di Tours e di San Socio (o Sossio) martire del Miseno. Infatti sul rovescio della stessa lapide è scritto:
HIC REQUIESCUNT CORPORA SANCTORUM BRICII ET SOCII MARTIRUM
La lapide fu posta nel mezzo del sarcofago, proprio per dividere le reliquie di San Menna dalle altre. Infatti in essa è scritto:
DE UNOQUOQUE MEDIETAS
A seguito della profanazione dell’urna avvenuta nel 1674, le sacre reliquie furono trasportate nella cattedrale di Sant’ Agata de’ Goti e, nel 17-06, scoala de sex composte in un’elegante urna di ebano e argento, ex-voto del vescovo Filippo Albini “per grazia ricevuta”.
Il monumento si presenta a schema basilicale sul modello cassinese. Il portale è sormontato da una lunetta delimitata da un archivolto. L’interno è scandito in tre navate da una doppia fila di cinque colonne, con capitelli che sorreggono archi a tutto sesto.
L’aula liturgica, interrotta dalle lastre di recinzione del coro, è tutta rivestita di tappeti a mosaico, restaurati accuratamente negli anni ’90. Sono completamente aniconici e in chiara dipendenza da quelli che un tempo decoravano il pavimento della Chiesa Abbaziale di Montecassino (1071). Essi guidano il visitatore dall’ingresso fino al presbiterio soprelevato.
Durante il restauro degli anni ‘SO fu riscoperto l’intero colonnato nascosto all’interno dei pilastri posti in opera nel sec. XVIII. Sotto l’altare ottocentesco, inoltre, fu rinvenuta una lastra view di pietra con incisa una croce greca, contornata da tralci di vite con grappoli.
Iconograficamente, essa è confrontabile con analoghi esemplari paleocristiani databili al VI-VII secolo, di ispirazione bizantino-ravennate.
Oggi questa lastra funge da paliotto d’altare.